METODO AGRICOLO NATURALE SOSTENIBILE. Parte 7

Principio n. 4 - Diversificazione delle colture, piante complementari, policoltura e ordine in natura.
trebbiano_malvasia

Principio n. 4

Immaginate di trovarvi in un territorio pieno di vigneti, con filari lunghissimi e interminabili, dove tutto è perfettamente ordinato. Probabilmente penserete: Wow! Che bello! Anche io, molti anni fa, ho provato la stessa sensazione. È normale. Tuttavia, quell’ordine è ben lontano dall’ordine supremo che esiste in natura.

La linearità umana: ordine o illusione?

È importante comprendere perché siamo attratti da questa linearità. La contrapposizione tra la linearità a cui è attratto l’uomo e l’ordine complesso e non lineare della natura ha solide basi biologiche, culturali e cognitive.

L’uomo, infatti, è attratto dalla linearità per diversi motivi:

  • Efficienza cognitiva: Il nostro cervello cerca schemi semplici e ripetibili per risparmiare energia. La linearità è facile da riconoscere, prevedere e controllare. I filari dritti danno una sensazione di ordine, prevedibilità e chiarezza, permettendo alla mente di rilassarsi di fronte a un sistema che appare “sotto controllo”.
  • Dominio sul caos naturale: La linearità rappresenta simbolicamente il dominio umano sul disordine della natura. Campi coltivati in filari evocano l’idea di un potere organizzativo, una sorta di rassicurazione psicologica derivante dall’imposizione di un ordine umano su un contesto altrimenti imprevedibile.
  • Funzione pratica per il coltivatore: I filari rettilinei facilitano il lavoro agricolo, consentendo l’uso di macchinari, semplificando la gestione delle colture e ottimizzando lo spazio. Sono anche più semplici da progettare e implementare, rispondendo al desiderio umano di immediatezza e prevedibilità.

L’ordine superiore della natura.

La natura, invece, opera su un piano completamente diverso dalla linearità umana. Apparentemente caotica, la natura si basa su schemi complessi, adattativi e dinamici.

  • Efficienza biologica: La natura non cerca simmetria o ripetizione, ma modelli che ottimizzino risorse e funzioni. Le sue forme seguono principi adattativi, come le sequenze di Fibonacci nei girasoli o le spirali logaritmiche nelle conchiglie. Questa complessità consente alla natura di rispondere ai cambiamenti in modo resiliente e creativo.
  • Interconnessione: La natura non ama l’isolamento, ma privilegia reti di relazioni. Un esempio è rappresentato dalle foreste, dove radici e funghi creano sistemi sotterranei interconnessi. Questo sistema distribuito assicura che non esista un “punto debole” facilmente attaccabile, poiché ogni elemento è integrato e funzionale all’insieme.

L’uomo e la natura: un confronto complesso.

È normale domandarsi: Perché l’uomo sia così approssimativo rispetto alla natura? Una risposta si trova nel funzionamento stesso del cervello umano. Per quanto complesso, il cervello non è progettato per processare interamente i sistemi naturali, che operano su scale temporali e spaziali immense. L’uomo tende invece a ridurre la complessità a modelli semplici e ripetibili.

Inoltre la sua visione è a breve termine: Se la natura lavora per sostenibilità a lungo termine, l’uomo spesso pensa a breve termine, privilegiando la produttività immediata. Infine il progresso tecnologico ha rafforzato la necessità di schemi semplici e lineari di produzione. La natura, al contrario, è “biologica” e auto-organizzante, capace di adattarsi continuamente senza un progetto predefinito.

Imparare dalla natura.

Questi ragionamenti ci portano a una domanda fondamentale: Cosa possiamo imparare dalla natura? In molti settori, come la biomimetica, si progettano già soluzioni ispirate ai sistemi naturali (città che seguono flussi simili ai sistemi nervosi o alle reti fluviali, per esempio). Ma in agricoltura, come possiamo applicare questi principi?

La risposta si trova nello sviluppo di sistemi agroforestali e policolturali, che imitano i sistemi naturali per aumentare la biodiversità e la resilienza. Questi modelli si ispirano alle foreste, combinando piante di diversi strati e funzioni.

Il metodo Mans e l’importanza della sintropia.

L’idea della sintropia è centrale in questa visione. Nel metodo Mans, le colture arboree intorno ai vigneti rivestono un ruolo fondamentale. Piccoli appezzamenti circondati da alberi e arbusti migliorano la biodiversità e creano ecosistemi più resilienti. Inoltre, l’introduzione di piante lungo i filari, come mandorli o alberi dei coralli, aggiunge ulteriori centri di biodiversità utilissimi per tutta l’area coltivata.

Vedere un albero svettare tra le viti richiede una diversa percezione dell’ordine. Questo apparente “disordine” non è inefficienza, ma adattamento dinamico. La sfida è imparare a vedere l’ordine superiore nei sistemi naturali e integrarlo nelle nostre pratiche, accettando che il caos naturale è in realtà un modello di resilienza e innovazione incomparabile.

L’ordine invisibile della natura.

L’ordine della natura opera spesso nel non visibile. Ad esempio, le radici delle piante sono connesse a reti di funghi micorrizici, che permettono lo scambio di nutrienti, acqua e informazioni tra gli alberi, creando un vero e proprio “internet naturale”. Inoltre c’è collaborazione tra alberi: Un albero giovane riceve nutrienti da alberi più grandi attraverso questa rete, migliorando la sua sopravvivenza.  Inoltre gli alberi possono avvertire i vicini di attacchi da parassiti inviando segnali chimici tramite i funghi.

In questo caso, l’ordine superiore è rappresentato da un sistema di interconnessioni che garantisce la sopravvivenza della comunità forestale come un’entità unica, andando oltre la competizione e sfruttando la collaborazione.

Rendiamo la cosa più pratica domandiamoci cosa l’ordine superiore della natura possa insegnare al coltivatore . Ecco cosa ho imparato.

Lezioni pratiche dall’ordine naturale.

Prima lezione: Collaborazione, non controllo.

Invece di forzare la natura attraverso pratiche intensive, il coltivatore dovrebbe collaborare con i processi naturali, lasciandosi guidare dall’ecosistema.

Per questo il metodo Mans adotta la consociazione delle piante o l’agroforestazione, dove diverse specie lavorano insieme, riduce la necessità di fertilizzanti chimici e pesticidi. Privilegiare sistemi di potatura meno lineari e intensivi, come l’alberello, rappresenta un modo per co-creare con la natura, dove l’uomo non è un dominatore ma un custode attento e rispettoso.

Seconda lezione: Adattarsi al cambiamento.

La natura insegna che la resilienza deriva dalla capacità di adattarsi ai cambiamenti, non dall’imposizione di un ordine rigido. La resilienza non è rigidità ma flessibilità. Per questo motivo, nel metodo Mans non ci possono essere solo vigneti, ma anche colture diversificate e pratiche agroecologiche per mitigare i rischi legati al clima, alle malattie e alle fluttuazioni economiche.

Terza lezione: Diversità come forza.

Nessuno può mettere in discussione che la biodiversità sia un elemento chiave per la stabilità e la produttività a lungo termine. Per questo motivo, il metodo Mans integra alberi, arbusti, piante erbacee e colture annuali in un unico sistema. Si selezionano varietà di uve non solo in base alla tipologia ma anche alle connessioni ambientali in cui si trovano.

Quarta lezione: Pensare in termini di cicli, non di linearità.

La natura lavora in cicli chiusi (energia, acqua, nutrienti) dove nulla è sprecato; questo insegna al coltivatore a progettare sistemi circolari. Ecco perché il metodo Mans promuove la raccolta dei residui delle colture per produrre compost o pacciamatura, restituendo materia organica al suolo. Si integrano colture perenni e coperture vegetali per rigenerare i nutrienti in modo continuo e si includono animali nel sistema agricolo per chiudere i cicli dei nutrienti (ad esempio, lasciando pascolare gli animali tra le colture per fertilizzare il suolo).

Quinta lezione: Equilibrio tra produttività e rigenerazione.

Non si tratta solo di massimizzare il raccolto immediato, ma di bilanciare produzione e rigenerazione del sistema agricolo. Nei filari non devono mai mancare piante azotofissatrici, come il trifoglio, per migliorare la fertilità del suolo, e massima cura viene prestata alla gestione dell’inerbimento.

Sesta lezione: Osservazione e pazienza.

Come la natura richiede tempo per rivelare i suoi schemi, il coltivatore deve imparare ad osservare con attenzione e agire con pazienza. Alla base del metodo Mans c’è l’osservazione. Monitorare come le piante interagiscono nel tempo è fondamentale. Decidere sulla base di risultati di lungo termine guida ogni azione, a partire dal miglioramento della qualità del suolo e dell’ecosistema locale.

Settima lezione: La bellezza come indicatore di salute.

Un sistema agricolo visivamente equilibrato e diversificato è spesso anche ecologicamente sano. La bellezza naturale può essere un indicatore del successo del sistema. Per questo il metodo Mans non tralascia la coltivazione di fiori, alberi e piante commestibili che attirano impollinatori, predatori naturali di parassiti e migliorano l’estetica della terra. La presenza di insetti utili e fauna selvatica indica un sistema equilibrato. Piante di corniolo, per esempio, sono una delle prime a fiorire (febbraio-marzo, a seconda del clima), in un periodo in cui le fonti di polline e nettare sono scarse. I suoi fiori gialli, particolarmente attrattivi per le api, offrono una risorsa preziosa per queste ultime, che emergono dopo l’inverno e hanno bisogno di alimentarsi per sostenere la colonia. Ecco perché è particolarmente utile piantare cornioli tra i filari di colture o come parte di siepi multifunzionali, per supportare gli impollinatori e migliorare la salute dell’ecosistema.

Ottava lezione: Integrazione tra produttività e cultura.

La natura ci insegna che l’agricoltura non è solo un’attività economica, ma un’espressione culturale radicata nel territorio e nel tempo. Per questo il metodo Mans spinge verso l’utilizzo di varietà tradizionali e locali (come il Colorino del Valdarno), che spesso sono più adattate al contesto ecologico. Inoltre, promuove la creazione di spazi agricoli che servano anche come habitat naturale, luoghi di bellezza e connessione con la natura.

Sicuramente le regole che possono essere apprese dal coltivatore dall’ordine superiore della natura sono molte più di otto. Ognuno può sperimentarle a suo piacimento, purché, come ho già detto, l’uomo si ponga non come un dominatore, ma un custode attento e rispettoso. L’agricoltura deve essere vista come un sistema interconnesso e collaborativo, non come un insieme di elementi isolati. Questo approccio aiuta a costruire un’agricoltura più resiliente, sostenibile e produttiva, dove la salute del suolo e delle piante è messa al centro, proprio come avviene nella natura.

Ovviamente, di qualcosa non possiamo fare a meno, se si vuole sostenere le proprie famiglie: ad esempio, della linearità dei filari (almeno nel settore della viticoltura). Tuttavia, è importante compensare queste approssimazioni con pratiche sostenibili e principi di biodiversità. La linearità non è solo una tradizione, ma una risposta alla necessità di coniugare qualità e quantità.

In conclusione, ecco cosa propone il metodo Mans:

  1. Diversificare le colture: Nel proprio organismo agricolo non ci possono essere solo vigneti. Integrando altre colture, le varie specie vegetali interrompono i cicli vitali di molti parassiti e patogeni. Inoltre, si ottiene una maggiore resilienza climatica: una varietà di colture rende il sistema agricolo meno vulnerabile agli eventi estremi.
  2. Piante complementari: Le piante complementari sono specie che, coltivate insieme, offrono benefici reciproci. Questo concetto è alla base di tecniche come la consociazione e si basa su sinergie naturali, sia sopra che sotto il suolo.
  3. Policoltura: La policoltura consiste nella coltivazione simultanea di più specie vegetali sullo stesso terreno. Si contrappone alla monocoltura e offre diversi vantaggi: la biodiversità funzionale, l’ottimizzazione delle risorse (colture con radici di diverse profondità esplorano vari strati del suolo, utilizzando al meglio acqua e nutrienti), l’aumento della resa complessiva (grazie alle interazioni benefiche tra le specie, la resa totale del sistema agricolo è nel lungo termine spesso maggiore rispetto a quella della monocoltura). Per questo motivo, il metodo Mans dà molta importanza all’inerbimento permanente e alle colture arboree intorno e dentro il vigneto.

Nella prossima puntata si parlerà della biodiversità e sostenibilità.

Restate connessi!!

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Giovanni Batacchi

VIiticoltore e Winemaker